Whisky giapponesi, tra i migliori in pochi anni

Pubblicato in data

L’ascesa dei whisky made in Japan è stata rapida. Nati da oltre un secolo, hanno conquistato il mondo nell’ultimo ventennio. I motivi? Proviamo a spiegarli.

Whisky giapponesi, tra i migliori in pochi anni

Dedicarsi alle proprie aspirazioni con un impegno smisurato alla ricerca di un punto di equilibrio tra le ambizioni materiali e la spiritualità: lo stile di vita nipponico ci ha abituati a vedere grandi risultati da parte del popolo giapponese, soprattutto raggiunti in pochi anni. Diverso dalla maniera occidentale di vedere le cose, questo approccio è probabilmente la vera chiave dei loro successi.

Che sia così anche per i whisky?

Chiunque abbia un minimo di interesse o conoscenza del settore, sa quanto la notorietà dei whisky giapponesi sia stata un vero vortice a livello internazionale; in particolare, questi distillati hanno avuto un’impennata di domanda nell’ultimo ventennio, in cui diversi whisky dal Giappone hanno fatto incetta di grandi riconoscimenti a livello mondiale.

Parliamo davvero di pochissimi anni, anche perché le origini di questi whisky, seppur non giovanissime, non hanno la medesima storicità e tradizione degli scozzesi. Eppure, proprio la Scozia ha contribuito alla loro scalata. Come?

Addentriamoci nel mondo dei whisky giapponesi, di grande fascino anche per i non cultori. Vale la pena saperne di più su:

 

Origini ed evoluzione del whisky giapponese

Il primo whisky giapponese fa la sua apparizione del 1923. Tuttavia, la nascita del nuovo distillato made in Japan risale al 1918; ad occuparsene è Masataka Taketsuru, il primo distillatore di whisky in Giappone, personaggio di spicco anche per essere divenuto poi il fondatore della Nikka distillery.

La prima importante spinta verso l’ambiziosa avventura è il viaggio in Scozia, paese che per antonomasia detiene il primato dell’arte distillatoria dei whisky, nato proprio qui. A sostenere la sua causa è la società Settsu Shuzo, che finanzia il viaggio. Masataka Taketsuru trascorre due anni tra teoria e pratica: in Scozia, infatti, segue un corso di chimica all’università di Glasgow e lavora come apprendista in diverse distillerie. Quando fa ritorno in Giappone, ha dalla sua la conoscenza della materia e l’esperienza nell’arte della distillazione e della miscelatura. Del suo bagaglio fa una sorta di manuale giapponese per la produzione del whisky. Tuttavia, la Shuzo era fallita.

Così Masataka inizia a produrre whisky con Shijiro Torii, pronto a scommettere sul nuovo distillato e successivamente fondatore della Suntory.

Dopo circa un decennio, arriva per Masataka il momento di mettersi in proprio: la sua prima distilleria sorge a Yoichi, sull’isola di Hokkaido, dove il clima e l’aria pura sono perfetti per produrre il whisky secondo l’idea sviluppata in Scozia.

Paesaggi isola di Hokkaido

Deve trascorrere ancora qualche anno affinché il suo progetto si concretizzi; è nel 1940, infatti, che viene distribuito il primo whisky della Nikka, proprio sotto il nome di Nikka Whisky.

L’influenza scozzese spinge Masataka verso un whisky robusto e affumicato; il suo antagonista, Shijiro Torii vuole invece uno stile più leggero e floreale: due caratteri, due diverse interpretazioni del nuovo distillato, ma modi di essere simili, impegno e perfezionamenti della tecnica meritevoli di aver fondato un nuovo e portentoso genere di whisky.

 

Caratteristiche del whisky giapponese

C’è più di un motivo per cui il mondo dei whisky giapponesi risulta così affascinante; primo tra tutti è la veloce e vittoriosa ascesa nel mercato internazionale. Complici le caratteristiche di questi distillati, ma prima ancora la tempra nipponica, la cultura e lo stile di vita di un popolo da sempre dedito alla ricerca della perfezione.

L’ispirazione è scozzese, come il metodo iniziale; agli albori, infatti, gran parte delle distillerie in Giappone replicava il fare tradizionale ottenendo risultati simili ai più conosciuti. Tuttavia, l’assiduità nel perfezionare tali tecniche e il fatto di aggiungervi elementi differenzianti, tipicamente giapponesi, hanno dato vita poi a qualcosa di perfetto e non replicabile altrove.

L’ambiente e il clima, l’utilizzo della quercia giapponese “mizunara”, l’approccio all’arte distillatoria e, in particolare, ai più piccoli particolari danno a ogni whisky del Giappone un carattere distintivo che si riscontra nell’armonia e nella piacevolezza di gusto.

Riguardo all’ambiente e al clima, c’è da dire che le distillerie, tuttora poche in Giappone rispetto a quelle presenti in Scozia, si trovano in montagna, dove anche l’aria, fresca e particolarmente pulita e leggera, non solo è prediletta dal modo di vivere locale, ma influenza la riuscita del whisky; questo, infatti, porta la temperatura di ebollizione a temperature più basse facendo in modo che le molecole più delicate non brucino. Ne deriva un prodotto più fine nei profumi e nei sapori.

Una perfezione mai vista prima si riscontra poi in produzione, con una grandissima capacità di gestire a modo proprio sia fermentazione che affinamento, creando una netta differenza con il fare scozzese. I giapponesi, infatti, hanno un’eredità che è stata fondamentale per portare la produzione di whisky all’eccellenza: è l’esperienza con la fermentazione del sakè. Sulla scia di questa, ogni distilleria giapponese ha creato il proprio rituale del whisky perfetto, sperimentando e osando, con un’attenzione maniacale che non è propriamente identica a quella di altri paesi.

Quercia mizunara per whisky giapponesi

In affinamento, invece, hanno dalla loro il famoso legno di quercia mizunara, che prima di essere tagliata deve arrivare a 200 anni. Il legno è molto poroso e ha un grado di umidità elevato; le botti in mizunara, oltre a essere di difficile realizzazione, sono soggette a diverse perdite, per cui usate spesso per i secondi passaggi. Si tratta di botti particolarmente rare oggi, e di grande valore, a causa anche alla grande competizione tra le aziende per l’approvvigionamento. L’uso delle botti di mizunara è in grado di conferire un profumo particolarmente balsamico al distillato, il che insieme alla cura meticolosa che i giapponesi riservano ai minimi dettagli anche in affinamento, dà vita a un prodotto eccezionale.

 

I whisky giapponesi torbati

La torba è un fertilizzante naturale utilizzato per alimentare il forno destinato alla tostatura dell’orzo germinato. Come abbiamo visto nell’articolo Quali sono i whisky migliori? Cerchiamoli in giro per il mondo, i whisky torbati sono caratteristici della Scozia. Qui, infatti, la torba è usata da sempre come combustibile anche per motivi ambientali.

In base al livello con cui viene eseguito questo processo, esistono whisky con caratteristiche diverse ereditate dalla torba; fatto sta che in Scozia, il whisky torbato è un classico, cosa che non accade in Giappone.

Parlare di whisky giapponesi torbati ha senso se facciamo riferimento al giusto uso che le distillerie giapponesi fanno di questo combustile: la torba in Giappone è usata da alcune di esse per conferire al whisky sfumature più eleganti, ma non è un elemento caratterizzante del distillato.

La maggior parte dei whisky giapponesi non sono torbati.

 

I migliori whisky giapponesi

“The Best of the Best” è il premio ricevuto per la prima volta da un whisky del Giappone: a essere insignito come il miglior whisky nel 2001 è lo Yoichi, ai Whisky Magazine’s Awards. Sono proprio i riconoscimenti a segnare un momento decisivo nella storia dei whisky giapponesi, portandoli alla ribalta nel mondo.

In un panorama tanto esclusivo, che in più occasioni è riuscito a emergere e a risultare un gradino più in alto anche di quello scozzese, ogni proposta merita la giusta attenzione.

Le distillerie in Giappone, infatti, hanno sposato una causa comune – tra l’altro il disciplinare impone precise regole affinché il whisky sia classificato come giapponese -, ma con una caratterizzazione personale. Ogni whisky giapponese è definito dall’impronta dell’arte distillatoria del paese e da quella dei propri mastri distillatori.

Tra i migliori whisky giapponesi non possiamo fare a meno di citare il Nikka Whisky, proprio perché appartenente alla distilleria del pioniere del whisky in Giappone.

Nikka from the barrel

Della Nikka si distingue, anche nell’estetica e nella presentazione della bottiglia, il famoso Nikka From the Barrel, miscela di malto e grano dal gusto forte e ricco, provenienti l’una dalla Yoichi e l’altra dalla distilleria Miyahikyo.

Tra i migliori blend in circolazione, il Nikka From the Barrel ha vinto sia nel 2007 sia nel 2010 il premio di miglior whisky nella sua categoria ai World Whisky Award. Intenso, accattivante, con gradazione elevata, questo whisky non stanca, ma sorprende per la forte persistenza e il finale di legno di quercia. Al palato vengono fuori il carattere sia del single malt che dei cereali, al naso gli aromi erbacei e la speziatura; questo whisky, che riposa in botti di rovere per molto tempo, è icona della filosofia produttiva Nikka. Porta con sé ricchezza e pienezza di sapori esclusivi.

 

 

Taketsuru no age

E, restando nelle meravigliose collocazioni predilette dal padre fondatore della Nikka, impossibile non citare il Taketsuru No Age, dedicato proprio a Masataka Taketsuru. È un pure mal giapponese ottenuto da whisky di malto invecchiati in media 10 anni, in diversi tipi di botti, tra cui sherry.

Questo whisky di Nikka è una potente espressione di qualità ed eleganza giapponese, un distillato dal grande equilibrio, eleganza e ricchezza aromatica. L’anima è 100% nipponica. Il colore è un bell’ambrato luminoso e brillante; gli aromi al naso vanno dalla frutta bianca, come pesca e mela cotta alle spezie orientali; in bocca risulta subito morbido e seducente, poi suggerisce aromi fragranti, fruttati e speziati, tra cui si possono percepire la vaniglia e i legni nobili.

 

Akashi

Arriva, invece, dalla White Oak, l’Akashi, un Blended Japanese Whisky ottenuto da una parte prevalente di whisky di cereali e in misura minore da orzo maltato. Conosciuta per la produzione di sakè e shochu, la White Oak – o Eigashima – ha realizzato fino al 2007 solo blended whisky. Per l’Akashi (come la città in cui si trova la distilleria) è prevista doppia distillazione e invecchiamento di 3 – 4 anni in botti di rovere. Il whisky è autentico, molto elegante e in pieno stile nipponico.

Ha colore giallo dorato, bouquet caratterizzato da sentori leggeri e molto delicati, gusto intenso e morbido. La persistenza è lunga e secca.

 

Come bere whisky giapponese

Il modo di assaporare i whisky giapponesi non è quello propriamente occidentale. Da noi si preferisce bere whisky liscio, senza ghiaccio; in alcuni casi è possibile usare qualche goccia di acqua per esaltare maggiormente i tratti floreali.

La bevuta on the rock è invece proposta da più parti in Giappone, preferibilmente con cubetti appositi, in modo che il whisky non si annacqui; a riguardo è nata una vera e propria arte da parte dei bartender nel realizzare sculture di ghiaccio con tale destinazione d’uso.

In Giappone, poi, il whisky è bevuto come highball o in versione mizuwari.

Il primo è un long drink composto da due parti di distillato, soda e ghiaccio, un modo antichissimo di consumare il whisky in momenti diversi e apprezzarne il gusto. Il mizuwari, invece, è un cocktail ottenuto da una parte di whisky e due di acqua; è possibile trovarlo anche nella versione con agrumi, fiori di arancio o tè.

Questi diversi modi di bere whisky giapponese sono legati alle usanze in merito al consumo di alcolici totalmente diverse dalle nostre, che in visita nel Paese del Sol Levante vale la pena provare per catapultarsi totalmente nella cultura locale.

Altri tra i nostri whisky giapponesi

Design CODENCODE